Rassegna storica del Risorgimento

1798-1799 ; ISRAELITI ; REPUBBLICA ROMANA (1798-1799)
anno <1953>   pagina <333>
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Gli ebrei nella Repubblica romana del 1798-99 333
ziale persecuzione religiosa era condotta contro di essi sotto forma di batte­simi forzati e di pene sproporzionate all'entità del reato. Bastava che fl marito si convertisse perchè la moglie e i figli venissero costretti al battesimo, per la difesa dell'istituto familiare. Nel 1736 un ebreo venne condannato alla frusta ed esiliato per bestemmie; nel 1746 un altro fu parimenti con­dannato per essersi intrattenuto a conversare sulla pubblica via con una donna cristiana...
Le autorità pontificie dal canto loro anche nelle manifestazioni esteriori tenevano a sottolineare la situazione di inferiorità degli ebrei; ogni anno i maggiorenti della Comunità dovevano recarsi a rendere omaggio al Senatore del Popolo Romano in forma solenne. Al termine della cerimonia, per sotto­linearne il carattere umiliante, il Senatore soleva dare un calcio sulla testa del rabbino capo inginocchiato ai suoi piedi...
Con simili esempi il fanatismo antisemita del popolaccio non poteva che riuscire incoraggiato. A parte i giorni di carnevale durante i quali gli ebrei erano beffeggiati nei modi più ributtanti e scherniti anche nel loro culto reli­gioso, numerose erano durante Tanno le sassaiole contro di essi, le devasta­zioni e persino le uccisioni. Continuamente venivano divulgate voci fantastiche di omicidi rituali e di sortilegi contro la fede cristiana.
Ne per parte loro gli ebrei erano cittadini turbolenti ed insubordinati: nel 1736, avendo due ebrei commesso un furto con scasso, le cronache registra­rono che era il primo caso in centocinquanta anni.
Le concessioni di Clemente XIV non si limitarono al settore economico; più umano dei suoi predecessori, egli liberò la Comunità dal controllo della Inquisizione affidando la risoluzione di ogni controversia non commerciale al Vicariato. Per un momento sembrò che anche per le martoriate comunità pontificie fossero giunti giorni migliori, ma fu breve illusione. Il malcontento popolare per l'umanità dimostrata dal pontefice verso gli ebrei indusse il suo successore, Pio VI, appena salito al soglio, a prendere una serie di radi­cali provvedimenti in senso contrario. Dai motivi determinanti la decisione non mancò forse il timore del Papa, di fronte agli sviluppi oltralpe del libero pensiero, che, data la loro condizione, gli ebrei fossero i più interessati ed accessibili alle nuove idee. Mentre negli altri paesi le catene degli ebrei sta­vano per cadere o almeno per allentarsi sensibilmente (nel 1782, per esempio, Giuseppe II avrebbe concesso le patenti di tolleranza con cui avrebbe tra l'altro permesso loro di prendere in affitto e coltivare ogni sorta di terre e nel 1784 aboliti i ghetti), nello Stato pontificio si verificò il caso inverso. Essi, con la Bolla del 5 aprile 1775, vennero ridotti in una condizione come mai erano stati in tanti secoli. In quarantaquattro lunghi articoli furono rie­sumate e rimesse in vigore tutte le disposizioni delle precedenti Bolle, aggra­vandole ed aggiungendovenc delle nuove.
Coi primi otto articoli venne proibito agli ebrei di tenere, vendere, pre­stare, insegnare libri talmudistici e furono presi i necessari provvedimenti per impedire l'accesso nello Stato a tali libri, vietando espressamente qual­siasi licenza. L'articolo XI proibiva che si ponesse alcuna iscrizione o lapide sulle tombe degli ebrei; il successivo regolava i funerali. Seguiva tutta una serie di articoli riguardanti i neofiti e catecumeni, alcuni dei quali, se appli-cati alla lettera, avrebbero potuto portare all'incriminazione di chiunque (vedi art. 18). L'art. XXIX dichiarava nulle le società e gli appalti sotto-