Istituto per la storia del Risorgimento italiano

Consultazione on-line del patrimonio archivistico

Fondo La Cecilia

Titolo originale:

Fondo La Cecilia

Tipologia:

fondo

Data:

(s.d.)

Consistenza:

[non specificata]

Descrizione:

Il fondo archivistico di Giovanni La Cecilia conservato presso il Museo Centrale del Risorgimento di Roma è raccolto nel Manoscritto N.14: la documentazione raccolta è costituita esclusivamente da lettere, minute di lettere, circolari, rapporti, compresi nel periodo di tempo che va dal 1832 al 1862.
In particolare il volume manoscritto è costituito da lettere dirette a Giovanni La Cecilia da Giuseppe Mazzini, Filippo De Boni, Francesco Domenico Guerrazzi, Giovanni Arrivabene, Francesco Ferrara, Giuseppe Montanelli, Numa Palazzini, L. Fabbri, Giovanni Raffaele, Antonio Mordini, Ermete Coliva, Giuseppe Avezzana, P. A. Adami, Casimiro De Lieto, Girolamo Ulloa, Mauro Macchi, Luigi Carlo Farini, Livio Zambeccari, Angelo Brofferio, Giuseppe La Masa.
Nel corso della schedatura presso il Museo Centrale del Risorgimento sono stati individuati all’interno del volume manoscritto, tre fascicoli contententi questo carteggio:
-Fascicolo 1 “Lettere di Giuseppe Mazzini a Giovanni La Cecilia”. Si tratta di varie lettere dal 1832 al 1849 in cui Mazzini invitava La Cecilia a sostenere “La Giovine Italia”.
-Fascicolo 2 “Lettere di vari a Giovanni La Cecilia”, in cui sono conservate lettere dal 1833 al 1862.
-Fascicolo 3 “Documenti vari” compresi nell’arco di tempo dal 1847 al 1849. Si tratta di lettere, circolari, una minuta dello Statuto della Guardia Civica Provvisoria di Livorno (9 settembre 1848), un rapporto del Governo Civile di Livorno sulle condizioni politiche della Maremma toscana dopo la fuga del Granduca (febbraio 1849).


Si rimanda al saggio critico di Emilia Morelli, I fondi archivistici del Museo Centrale del Risorgimento, Quaderni di Clio – 9, La Fenice Edizioni – Roma, 1993, p.102

Storia archivistica:

Napoli 27 settembre 1801 – Napoli 8 gennaio 1880
Ancora giovane si mostrò amatore della libertà e insofferende alla tirannide. Prese parte attiva alla rivoluzione costituzionale del 1820 – 1821 e quando fu ristabilito il governo assoluto, venne imprigionato prima nelle Carceri di S. Maria Apparente e poi in quelle di Castel Capuano e di Castel Nuovo. Fu quindi costretto ad emigrare e andò in Toscana dove si applicò a lavori letterari, pubblicando il suo primo romanzo “I Sanniti”, traducendo l’opera del Jomini su Napoleone e collaborando al giornale “L’Indicatore Livornese” che propugnava principi d’innovazione liberale. Tuttavia nel 1830 fu espulso dal territorio toscano per ragioni politiche e passo da Lucca in Corsica. Qui ebbe i primi contatti con Giuseppe Mazzini e cominciò ad attivarsi per preparare una spedizione armata in Italia. Fu tra i primi ad iscriversi alla “Giovine Italia” e si stabilì a Marsiglia, perseguitato però dalla polizia francese che lo costrinse a girovagare insieme ad altri emigrati. Dopo sette anni di questa vita precaria, tornò in Corsica prima come Ispettore delle Strade Vicinali e Provinciali dei tre circondari di Ajaccio, di Corte, di Sartena, e poi come Procuratore di una Società svizzera per il taglio dei boschi. Continuava ad occuparsi di politica e propaganda rivoluzionaria, adoperandosi anche per i profughi romagnoli che dopo il fallito moto di Savigno del 1843, cercarono asilo in Corsica. Nel 1847 sbarcò a Livorno iniziando a collaborare al “Corriere Livornese” che costituiva l’organo del partito democratico e nel 1848, sotto l’accusa di aver provocato tumulti popolari, venne imprigionato a Portoferraio. Quando fu proclamata la costituzione a Napoli, vi tornò al comando del Battaglione della Guardia Nazionale, coprendo anche l’ufficio di Capo di Dipartimento al Ministero dell’Interno. Quando ritornarono i Borboni, dovette andare in esilio ancora una volta in Toscana, a Livorno, ricevendo ben presto l’ufficio di Console Toscano a Civitavecchia e poi Agente Diplomatico presso il Governo Romano. Viaggiò molto in questo periodo, passando da Parigi a Genova e poi ancora in Corsica fino ad fermarsi in Piemonte.
Contemporaneamente Giovanni La Cecilia era stato processato a Napoli in contumacia insieme ad altri patrioti “per cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato e attentato alla guerra civile” e condannato alla pena capitale. Nel 1853 venne espulso da Torino per aver pubblicato un manifesto con cui esortava i cittadini e i soldati piemontesi a correre in soccorso degli insorti del moto mazziniano di Milano. Ma ciò accadde per poco tempo perché potè tornare presto a riprendere la sua vita politica. Nel 1855 pubblicò il giornale “La Voce del Progresso”, di spirito repubblicano e fondò il nuovo giornale “L’Indipendente”, adoperandosi per raccogliere armi e denaro per una spedizione in Sicilia. Nel 1860 ritornò a Napoli e qui vi diresse “L’Italia e Popolo” e altri giornali repubblicani. Negli ultimi anni di vita scrisse le sue “Memorie” che costituiscono la sua opera principale per le numerose notizie che si possono raccogliere sugli uomini e sugli avvenimenti dal 1831 al 1849.

Note:

Si rimanda al saggio critico di Emilia Morelli, I fondi archivistici del Museo Centrale del Risorgimento, Quaderni di Clio – 9, La Fenice Edizioni – Roma, 1993, p.102.
Giovanni La Cecilia, Memorie storico – politiche dal 1820 al 1876, Tip. Artero, Roma, 1876-1878
Dizionario del Risorgimento Nazionale. Dalle origini a Roma Capitale. Fatti e Persone, Vol. III, Editore Francesco Vallari, Milano, 1933, pp.314-315

La documentazione è stata prodotta da:


Persone:


Redazione e revisione:

  • Pizzo Marco, 2005/04/16, compilazione
  • Pizzo Marco, 2006/03/15, aggiornamento